19 luglio 2017

Trascorsi




Il minuto è un ago curvo. Cuce il cuoio del giorno
come palloni da calcio del secolo scorso.
Io gioco a battimuro
con l’orologio che osserva rimbalzi cupi,
pure ne ripete le linee. Questa è monotonia.
Un uomo monotono è più marcatempo che meridiana:
il sole sulle aste fa un lavoro approssimato e vario,
con delicatezza collima ricchezze e miserie,
soprattutto a marzo, quando serve al verde.
Povertà è mancanza di lancette?
Che attinenza ha con la misura del tempo?
Allora c’erano strisce di ore affiancate senza tregua
e il sonno temeva la valvola
con la quale blocca la stella a quel giorno venuto meglio.
Oggi il tiro si è indebolito.
Avevo un bel destro.
Ma anche i sinistri non erano malvagi, difatti
sono ancora qui. Buone geometrie in difesa
ma conclusioni nulle. Perdere è mancare
l’aggancio quando il sacrificio è rinuncia.
E non insegui un sogno se non ti svegli.
Il filo resisteva anche all’acqua stagnante.
Ossia: ogni legame libera nell’umido bacio
la sua primordiale tenuta. La resistenza dei corpi.
si spiega con l’acciaio, ma l’uso del cotone
ferisce meno la pelle e il muscolo esterna
la tendenza dei glutei a rappresentare la fuga
da qualcuno da qualcosa. Ho una bella schiena,
posso dire, perché ho corso tanto. Il passo è, dunque,
un indicatore di vita.
A suo modo, il minuto cuce la pelle vizza e
l’incubo. La distanza percorsa da un punto
di vista a un punto di sutura è retta dallo
strappo. Mi sono divertito finché ho potuto.
Poi, scrivere è stata una conseguenza: come
l’ago che impiega minuti per chiudere i nodi
di tenuta. Voglio essere più chiaro: gioco
con le parole a battimuro. L’orologio continua
ad osservare rimbalzi che io stesso procuro
mentre annuncia il prossimo giro assicurando
il futuro: momento che taglia e cuce il sarto
nel buio.

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