17 febbraio 2018

Il compianto notturno cittadino




Ed è così che mi prendo la vista,
salito nel punto più alto della casa,
sopra il suo dorso di cemento e ferro,
solo nel perimetro di tanti feretri,
nel compianto lutto cittadino
- che paiono fatui i lampioni e le animelle lassù -,
da un abbaino schietto,
io la prendo.
Com’è.
Com’è che la pendola non vede l’ora
ma le conviene? La segna un suono
il ritmo celebre dell’attimo  
la bestia famelica che ha dentro
e che dentro consuma la mia carne
non il tessuto, intendo, ma l’altra
intoccabile e celibe
-  e questo è quanto so dell’amore.
E’ nell’ordine del tempo, vive da tempo
come i gibboni sulla canopia, dondola
e trama di saltare qua e là, affievolendo
il meglio.
Ad una altezza pari alla sua profondità:
la passione non trema più. Il braccio
proteso non la raggiunge, ma l’arto
ormai non è più lungo: la vecchiaia
è una attività che va scomparendo,

ricorre a momenti.



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