22 luglio 2021

A fa

 


Sono qui da tempo per darmi ora
ai ventilatori col fiato grosso.
In tal modo la calura si avventa:
spaccia per refrigerio acqua
di produzione propria.
Pochi convenevoli, appare scivolosa, imbratta
di odori anche la cucina che ha già le sue cipolle.
Da una vita
faccio il possibile per riparare
in un cuore freddo
ma la mia rosa non ne vuol sapere
e imbavaglio e lenisco la zampogna dei fuchi
e cambio sacrifici propiziatori
per un paradiso fresco, di giornata.
Non so come la vigna prenda la vampa
dal solco dei mesi e la trasformi
in nutrimento. A me non riesce,
sicché mi distendo nel letto.
Settembre è l’orco degli acini
ma è luglio che lucida i vini.
Tra loro a fa come viene detto.

Immagine dal web - rielab. ferdigiordano

19 giugno 2021

Il velo bianco

 




Per adesso è quella stella turgida

dai lembi focosi a proporre lo spazio

come divisorio.

Qui intorno la rena è l’orizzonte degli eventi:

una generazione di cosiddette influenze

che illustrano pelli e perline 

come fuga dalla singolarità dei vivi e vegeti

Prendo sassi dalle strade interne

e li lancio dove vorrei colpissero per tempo. 

Rimbalzano sulla consistenza esterna

col desiderio che rappresentano: certo,

privo di freni è solo l’occhio con qualcosa dentro

- a volte aquila a volte remora

a volte chissà cosa gli prende

per trattenersi nell’orbita delle fedi.

Ma davvero porta lenti il mare spaesato

nel vederci ancora come mai

gli venimmo in mente?


Foto dal web, elab. ferdigiordano

9 giugno 2021

Al lavoro, fratello


Oggi ho disegnato un marchio. Il tizio 

mi ha scelto nel nome del padre nostro.

Non lo pregai di venire da me, come

non si invoca la sveglia nella notte.

Essere fratelli è stato a piedi nudi, 

ma non si sta in piedi da soli, fratello. 

La commissione parlava chiaro: devi metterci 

l'anima; però l'anima non si spiega a parole 

nè per grandi linee. Il simbolo sulla carta 

mena visioni per aria

così uno schizzo si riduce a vista. 

Ora, una matita è un’affettazione del foglio

mentre sul monitor scappa di mano. 

Qualcosa trae dal nero una forza luminosa.

Io trovo il simbolo e dentro altri simboli:

per ogni geometria illustrata dall’inchiostro,

l’estro adopera il punto in cui sono 

per generare i punti del creato.

C’è una melagrana, c’è un’onda, c’è l’ospitalità

del mare nostro che il padre appare disteso.

Il disegno mette mano ovunque, sequenzia

ogni figura complessa finché le grandi linee 

non raccontano altro: questo nistagmo 

lavora fino alla nuca e attornia 

privo d’arti, il mestiere di vivere;

e più difficilmente l’idea è resa.


26 marzo 2021

In luogo della nascita



Chiedo mi colpisca una pallottola di luce
come un’occhiata dura, di riprovazione.
Verrà dal calpestìo, perché siamo terra, terra pregiudizievole.
Da te. Ora non stato in quanto
arma al portatore, sulla quale si avvita
il mio silenziatore.
Ma il frastuono coglie il bersaglio, centrato
con un soffio da quell’aria giudiziosa
che riempe il vuoto di sospensioni.
Ecco, ora rimescolo l’ascolto al tuo
già sentito. Ho ancora una mira
e tu non ne possiedi, altrove se menti.
Hai un profilo di percussore dopo uno scambio
con il crisma dell’utopia.

Mi piace quando mi provochi e sei assente,
piuttosto che un richiamo mancato o
una formale congettura
sui riflessi dell’amore congenito.
Dove speculerei, e decadrei altrimenti?
In tanto esce dal cono della mente
il tuo nome gelato eppure
la rapidità dei bollori lo liquefa. Diventa un bacino
per navigarti con la bocca a vela.
Risprende la fluidità vocale.
Ora è un flusso che romba
e appena il suo viaggio comincia nella gola
l’occhio sgambetta l’illusione
e cede di peso.

Immagine dal web - Elab. ferdigiordano "Pallottola alla luce"©21

2 marzo 2021

Il miracolo dei pesci



Fuorviante legarsi il cielo al dito

disse l’altissimo in piena crisi

sordo ai diversi nomi ma non al ruolo

di vela lungimirata luminosa fatalmente 

inesistente da qui, dalla spiaggia 

distesa da dio. Salerno 

un imbuto di spume, una sponda

sulla quale il Tirreno rimbalza

nelle termiche più salaci anche leonine.

Allora io: − Prenditela con noi

per il detrimento dei saluti;

prendi la roccia che è finita alle maree,

portala via mentre già si allontana

ogni giorno di un decimo di millimetro

come chi svuota a sorsi

la cantina di tre più due oceani 

e i mari interni con le coste a giro vita.

Hai mai visto i tonni prendere per la collottola

il mare dietro una femmina 

come per metterla in cima all’ormeggio?

Poi rompiamo le scatole a chi si è perso.


Imm. dal web

 

26 febbraio 2021

Con formazione dell’ossido




Affollato di osanna e di congetture terrificanti 

il presente è frenato dalle remore

più ventose. 

Come uno squalo senza alcun dubbio 

non conviene stare su pini

(un uomo a pancia in su fa la fronda al letto

e le sue braccia sembrano ramoscelli 

mentre il tronco ad ogni finestra

libera le branchie dai denti).

Ma che porta l’anima nel tascapane?

Per fragilità naturale la prudenza è a salve

una salva mirata nelle grazie 

di esperti angeli - che fanno bene, 

pure nel guazzabuglio di sè. Siamo 

moltiplicati per i piani come le case 

abusive, illeciti fino a sera, poi ci consegniamo

per legge allo schermo.

La gioia, così colpita, mette subbuglio

nei turpiloqui. Comunque

ci ricoveriamo nella fibra ottica 

che arriva alle fibre naturali e le fredda:

che altro vuoi si veda oltre il muscolo del gelo

nella solitudine dei fiocchi?


Immagine dal web - Elab. ferdigiordano "Con formazione dell’ossido"©21

18 febbraio 2021

Tante in una sola muta

 



Quando ti attraversa il miracolo 

lascia un indirizzo cui risalire. 

Avrei doluto visitarlo. Il Sacro 

Cuore in Piazza Ferrovia è una

santa pala per le fondamenta.

E qui scavare, vedi, è farsi un attico.


Da anni pubblico in coscienza 

e tengo alle scritture: il tasto batte 

dove la lingua è messa in riga.

Mi riconosco ora dagli ebook, ora 

nella navata con le panche a posto:

tante “h” in una sola muta.


Il miracolo è sul foglio: scontroso

pieno di aree coriacee alla comprensione

che non svelano l’avvento al lettore. 

Ma è qui il piacere delle pulsioni, potrei dire,

come se il contenuto in un calice carnivoro

cercasse appigli nei termini convenuti.


Mi pare giusto il tremito che mi coglie 

in questo lieve prodigio; continua

fiammella, direi fiammifero

buono per il fumo che non smetto.

Eppure, vedi, questo spiega il miracolo 

in Piazza Ferrovia a volte seduto.



foto dal web - rielab. ferdigiordano


6 febbraio 2021

Prendila con leggerezza




C’è un posto nel mondo - una fragile

laguna con dominio di coralli  -,

nel quale la contemporaneità non è affilata

dagli orologi.

La mente è questa oasi, la casa una barriera.

O il contrario se capita che.

Il sole non è obbligatorio, ma si mette in luce 

come lo ricordiamo. La luna 

per la sua parte ha scelto una finestra 

a tutto sesto e di quarto in quarto

imperversa sul cupo.

Le stelle si danno a segni postdatati

ed altre si cambiano a parole.

E muove le lancette in giro la donna 

cui appartengo in meno di un secondo.

È la donna che amo in breve.

Nella riga di sopra lei mi mette in riga.

Così nello studio 

compio un’azione di conoscenza: immagino

ogni stanza da letto dove capire 

è far correre il dito 

in soccorso degli occhi:

occhi che misurano gli angoli

in cui mi rannicchio perchè mi imbracci

con un senso di padronanza di arti e parti

che annienti la distanza senza mezze misure.

Non è forse questo il biadesivo opportuno

in vita?


Immagine dal web


3 febbraio 2021

Passato sopra



Sul vetro 

un serpentello d’acqua cresce in corsa.

Se i pensieri si mettessero in moto da soli

i miei farebbero un corto circuito.

Sperpero l’attesa

segnando i vapori che catapultano la stanza

in una nebbia lattiginosa. 

E seguo gabbiani con due curve

unite in un vertice basso che simula 

il becco o lo sterno

sui quali ogni velleità si fa rotta.

So che ogni casa è dotata

di un ingresso nel mondo scambiata

per l’uscita fino ad un certo punto.

Quasi senza saperlo, il pensiero è già

rientrato e si accomoda dietro il rettilario

come alla finestra. Dove ancora pioggia

prima che ci passi sopra.


Immagine dal web, rielab. Ferdigiordano


30 gennaio 2021

Il precedente in guardia


Sale dalle pedate quasi marmo

canticchiando come aspirasse jesahel

dai delirium a sanremo del ’72.

Sale le scale che hanno in testa 

note di condominio. 

Cognomi come chiavi. 

Piano a piano, e non suona e non bussa 

- che aprissero gli occhi da soli!, 

e l’anima 

andrebbe, ricordo, spadroneggiando.


Francesco, in atto Luigi, custode 

taciturno è il tonno pilota

irretito dal corridoio in fondo

poco lungimirante nel capire 

dove ferma il buon senso 

la lucciola una pupilla quieta.


È rimasto fuori dai tragitti:

da rotaie aerovie rotte e quante altre

parole si prendono in giro con biglietti 

(emozioni comprese senza capire 

che le consonanti sono patti della lingua

a termine).


Per questo, guardate, cingo altra vita 

e non conto i passanti

ma reggo a stretto giro, in somma

a memoria. Ora 

come sempre affina i fianchi 

nel posto che direi degli ossidati.



Immagini dal web - elab. Ferdigiordano

21 gennaio 2021

Ti vedo incurata



In una casa sola, ho una stanza sola.

Tra una parete e l’altra c’è abbastanza spazio

per il corpo non per la mente 

malamente

corre dove il corpo non reggerebbe.

La finestra si rivolge a nord-est denigrando

il mezzogiorno appena adesso.

Il mezzogiorno è per ora

solo un punto del panorama. Qui 

la punta della pena

scrive la sua pagina di conseguenza.

La posizione ingombrante vizia 

il fabbricato e lo lega alla sua età 

come dovrebbe

un uomo maturo ai suoi piedi.

La loro vita si regge sulle pietre 

alla faccia del sole quando vi pioggia a sbafo.


Da bambino credevo di udirle gemere 

nelle mura a mezzogiorno.

È una debolezza che ritrovo

in ogni solitudine. La stanza nella casa

nel condominio nel quartiere dove la luna

si mostra a pezzi e talvolta neppure, si lamenta. 

I mobili vibrano 

se in soprassalto indovino la porta

ed esco in pensiero: siamo uomini, accidenti,

non solo spiritosi ma corpulenti.

Ti vedo incurata, cittadina

che non sei di aiuto ai ruderi 

rimasti, e qui, a cadere.



Foto dal web - rielab. Ferdigiordano

19 gennaio 2021

Che feci al buio




Sono certo che per avere un raggio

tocchi prendere esempio dal buio.

Il buio è una opportunità dello spazio

in evidenza. Qualcosa che garantisce 

lumi. Tanta materia in disordine

contro cui sbattere con le ginocchia.

Non andare in cucina, ti prego!

Piluccare ingrassa la solitudine

come in vita i nomi che non rispondono.  

Nell’immenso la cerchia degli amici 

coinvolge anche i satelliti, ma per la galassia

degli affetti nessuna orbita ci tiene. 

L’uomo seduto in salotto fa giorno 

a gambe stese nei calzini smollati:

sono io che cerco l’epica giusta

per ridere del seguito che vivo  

- magari per ora non sempre.

Prima di questo stato, giunto ad una svolta

- da dritto - si avviava il sangue in circolo

senza cura del verso (anche per una storia 

di formicolii pruriginosi).

Questo ripetuto miracolo 

non farebbe testo alla luce del buio, 

ma una buona parola

può venire per bene, addirittura.



Foto dal web - riel. ferdigiordano


15 gennaio 2021

In un posto grande un giorno


foto dal web


Il mio mondo, guardate, non è così grande
come il vostro. È minuto, 
perché non ci vuole molto tempo
per girarlo tutto. Saranno 8 strade, 
non tanto lunghe, sapete; bastano
quattro passi da un capo all’altro,
tanto non occorre il visto
per metterlo in luce. Due piazze 
e qualche vicolo cieco
a modo di calendario. Per via 
dell’anno in Corso, spero 
nella ricostruzione dell’uomo 
di altra natura.
Neppure tanti palazzi, pochi portoni
forse un cortile di tanti colori che va
scomparendo - se non è già sparito
perché mancano i parcheggi
ed occorre adattarsi come meglio possibile
sul posto. Godo un po’ dei locali
quanto basta ad innalzare l’orizzonte
senza rubare spazio alle stelle.