30 gennaio 2021

Il precedente in guardia


Sale dalle pedate quasi marmo

canticchiando come aspirasse jesahel

dai delirium a sanremo del ’72.

Sale le scale che hanno in testa 

note di condominio. 

Cognomi come chiavi. 

Piano a piano, e non suona e non bussa 

- che aprissero gli occhi da soli!, 

e l’anima 

andrebbe, ricordo, spadroneggiando.


Francesco, in atto Luigi, custode 

taciturno è il tonno pilota

irretito dal corridoio in fondo

poco lungimirante nel capire 

dove ferma il buon senso 

la lucciola una pupilla quieta.


È rimasto fuori dai tragitti:

da rotaie aerovie rotte e quante altre

parole si prendono in giro con biglietti 

(emozioni comprese senza capire 

che le consonanti sono patti della lingua

a termine).


Per questo, guardate, cingo altra vita 

e non conto i passanti

ma reggo a stretto giro, in somma

a memoria. Ora 

come sempre affina i fianchi 

nel posto che direi degli ossidati.



Immagini dal web - elab. Ferdigiordano

21 gennaio 2021

Ti vedo incurata



In una casa sola, ho una stanza sola.

Tra una parete e l’altra c’è abbastanza spazio

per il corpo non per la mente 

malamente

corre dove il corpo non reggerebbe.

La finestra si rivolge a nord-est denigrando

il mezzogiorno appena adesso.

Il mezzogiorno è per ora

solo un punto del panorama. Qui 

la punta della pena

scrive la sua pagina di conseguenza.

La posizione ingombrante vizia 

il fabbricato e lo lega alla sua età 

come dovrebbe

un uomo maturo ai suoi piedi.

La loro vita si regge sulle pietre 

alla faccia del sole quando vi pioggia a sbafo.


Da bambino credevo di udirle gemere 

nelle mura a mezzogiorno.

È una debolezza che ritrovo

in ogni solitudine. La stanza nella casa

nel condominio nel quartiere dove la luna

si mostra a pezzi e talvolta neppure, si lamenta. 

I mobili vibrano 

se in soprassalto indovino la porta

ed esco in pensiero: siamo uomini, accidenti,

non solo spiritosi ma corpulenti.

Ti vedo incurata, cittadina

che non sei di aiuto ai ruderi 

rimasti, e qui, a cadere.



Foto dal web - rielab. Ferdigiordano

19 gennaio 2021

Che feci al buio




Sono certo che per avere un raggio

tocchi prendere esempio dal buio.

Il buio è una opportunità dello spazio

in evidenza. Qualcosa che garantisce 

lumi. Tanta materia in disordine

contro cui sbattere con le ginocchia.

Non andare in cucina, ti prego!

Piluccare ingrassa la solitudine

come in vita i nomi che non rispondono.  

Nell’immenso la cerchia degli amici 

coinvolge anche i satelliti, ma per la galassia

degli affetti nessuna orbita ci tiene. 

L’uomo seduto in salotto fa giorno 

a gambe stese nei calzini smollati:

sono io che cerco l’epica giusta

per ridere del seguito che vivo  

- magari per ora non sempre.

Prima di questo stato, giunto ad una svolta

- da dritto - si avviava il sangue in circolo

senza cura del verso (anche per una storia 

di formicolii pruriginosi).

Questo ripetuto miracolo 

non farebbe testo alla luce del buio, 

ma una buona parola

può venire per bene, addirittura.



Foto dal web - riel. ferdigiordano


15 gennaio 2021

In un posto grande un giorno


foto dal web


Il mio mondo, guardate, non è così grande
come il vostro. È minuto, 
perché non ci vuole molto tempo
per girarlo tutto. Saranno 8 strade, 
non tanto lunghe, sapete; bastano
quattro passi da un capo all’altro,
tanto non occorre il visto
per metterlo in luce. Due piazze 
e qualche vicolo cieco
a modo di calendario. Per via 
dell’anno in Corso, spero 
nella ricostruzione dell’uomo 
di altra natura.
Neppure tanti palazzi, pochi portoni
forse un cortile di tanti colori che va
scomparendo - se non è già sparito
perché mancano i parcheggi
ed occorre adattarsi come meglio possibile
sul posto. Godo un po’ dei locali
quanto basta ad innalzare l’orizzonte
senza rubare spazio alle stelle.


13 gennaio 2021

Timon panico

 




Timon panico


Se sfoggi una buona cera

hai acceso un lume 

quando ancora gocciola il moccio

della tempesta. Così calmi 

ogni altro pandemonio rissoso.

Io non so farlo che a ritroso.

Mi riferisco al calendario

nella relazione tra voltare pagina e strapparle

all’anagrafe, solo alle volte 

crescendo.

Ma dico a chi temeva notti 

senza la consueta indisciplina dei sogni

che la tempesta dura meno

dell’acqua e che dalla rete mondiale

arriva notizia degli ombrelli sfibrati

dalle tante stecche che comunque si man tengono 

(il buon manico misura il polso 

più di una presa di posizione).

Sarebbe stato diverso, pensavo al cospetto

dell’impiegato, mascherina

a mezzo naso perché la pandemia coglie le parole

sprovviste di riflesso, afone, fuori luogo.

Dopo domani sistemeremo oggi

nel sacco del tempo. Tu sai quanto

gli anni diventino quadri

con le lancette a mo’ di picche 

e sgherri i cuori senz’altro fiore 

che un mazzo enorme in orbita. 

Chi ha dato queste carte 

conta anche per me.



Immagine dal web (elab. grafica: ferdigiordano2020)