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Questo sentiero
è notevolmente sentiero
per quanto si
senta già strada
destinata alla
vetta. Può darsi, ma non conosco
altro modo di
andare in fondo alla cosa
che risalire al
suo punto di vista. A fatica
conosco il mare
e so che qui è stato a lungo.
Può apparire
l’anguilla nel prato. Può apparire
l’acqua da una
vena. Subito balza agli occhi
l’incredibile supremazia
delle suture mancate
tra i sassi. L’umanità
inanimata è un calcagno
del cosmo. E’
il calcare che trovi qui solo.
Le pietre non
si parlano, si toccano a piacere.
Appare nella
circostanza tutt’altro
che ben
disposto il fianco del colle.
Tiro il fiato
per vivere. Con me due tronchi
respirano, solo
due tronchi sul costone
obiettano alla verticalità
di certe presunzioni
che mi sorgono
in mente. Come un convento
per la pace,
come l’indice per il calendario.
Tutto ciò che
conta ha una sua voce.
Il silenzio non
è regola aurea, stagna troppo.
Da qui, se
urlo, la roccia su di me poggia l’orecchio
ma risponde lo
stesso tono affievolito di chi ripete
per sempre non
ci sono, ricordi?, poi ammutolisce
precipitoso.
Allora tiro una pietra, miro ovunque,
sveglio
l’intera consorteria del sambuco.
Ah, il sambuco! Ricordo il piacere di mio padre
e l’odore del
caffè nei suoi occhi. Tornatemi
quegli occhi!,
se a centinaia i ciottoli
tornano a valle
e come esseri silenziosi
perdono
qualcosa producendo rumore,
si deve al distacco. Il distacco, a rigor di logica,
riduce anche la roccia.
si deve al distacco. Il distacco, a rigor di logica,
riduce anche la roccia.
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