22 luglio 2018

Questa che ti ripete





Un battito dietro l’altro e l’orologio va.
In un momento ottiene due piedi: tic, tac
e va in avanti, al punto da farsi bastare
il secondo per fare un passo, vero mago
delle distanze. Grazie a questo,
si può essere presente e poi memoria,
bacio oppure parodia, accento o a mille.
Tra i due, uno sparirà, come il bene
detto male dicendolo. Non so perché
venga così, ma pur essendo antica
la lingua è preceduta dal fegato.
Ce l’ha l’onda subalterna al vento,
ce l’ha la schiuma schiava dell’onda,
ce l’ha il granchio una bocca che schiuma.
Questa litania era per te la frontiera
insopportabile di ogni discorso:
scrivi versi che in realtà non riposano,
dicevi, letti raramente, distesi o contratti
dalla funzione più celebre della notte.
So che, alla pari dell’acqua, è inaccettabile
il silenzio quando affondi, so che muto
per povertà di argomenti: il corpo
ha una certa frequenza di aggiornamento
ma le idee sono l’innaffiatoio vuoto
e gli uomini, modaioli nei soggiorni
e nei viaggi, sono privi di accoglienza.
Sia come sia questo esercizio
non fa dormire ma aiuta il mondo
a vedere nella sua grotta un’ombra
e presumere il cuore come umido
congenito e diffuso: a turno.
In seguito ho scoperto di aver perso
la bella partita in quel momento. Lei via
io che cerco un’altra strada.


Foto: ferdigiordano (Salerno: d'improvviso il fiato del sole sul colle).

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