 |
| Foto G. De Marco - Taverna Paradiso (Orria - SA) |
Nel corpo siamo indigeni o, forse,
solo malmessi. Serve capire da dove entrammo.
Sederci alla sua soglia e osservare
la gente deludersi. Individuare la fuga
dal suo limite (comunque; da tare).
Ci sono estremi anche negli atomi. Ma in tempo
trasformano il loro tuono. Un modo
che incita le connessioni a tenersi
nel cambio di stato. In figura
si fa tardi a rispondere
che cosa cambi nella migrazione: il bagaglio
è sempre ridotto all’osso. Partecipiamo con le mani
alla faccia della terra, ci distingue il grado.
Questo gesto, nella parte minore di me,
è qualcosa che seguita a sopprimermi.
Liberare la voce, è rimedio. Tossire,
prima che il metamero della parola differenzi, lo spirito
che deprime la conversazione. Come
per le folaghe correre sull’acqua per l’involo:
un miracolo di velocità degli atomi mette solidità
nel sollievo.
Ma bisogna fare in fretta, approssimando:
il pensiero è un capodoglio che disorienta
a rotta di collo.
Ora, che importa di come stanno
le cose – tutte, non solo i buchi che lasciano –
quando fanno per scomparire.
È uno scrivere individuale e corale, il tuo. Ogni verso è meditazione e apertura piena. È il dolore del poeta, e ,“ liberare la voce è rimedio “. Il resto è fertile rassegnazione. “Ora, che importa di come stanno le cose – tutte, non solo i buchi che lasciano –quando fanno per scomparire. “. Leggerti mi porta tanta luce. Dora.
RispondiEliminaCorre il vento incontro al capodoglio, quando annusando il largo spruzza il getto suo, liberandolo nell'aria, che sovrasta e dirige il suo viaggio.
RispondiEliminaCosì tu mi appari, e ti vedo d'acqua e vento, di respiro e di apnea.
Tu che cercasti e cerchi, mite, i tuoi anfratti d'animo, assieme ai nostri.
Un abbraccio a te a al mare d'inverno e nostro.
"il pensiero è un capodoglio che disorienta
RispondiEliminaa rotta di collo."
sì e quei buchi che vengono lasciati non si chiudono più
come sempre grande
chicca
..passo a ristorarmi...
RispondiElimina