Il
desiderio è un uccello di rovo
appare in
un cespuglio di vene
mentre la
spina inflessibile pianta
la consuetudine
a riposo.
Non credo
all’esposizione
del
sangue miniato, né pratico
la
convergenza di "sto godendo e tu?" – in vero
sottostanno
alla donna dei baci.
Tu sei
popolata di perfetti emisferi:
isola l’occhio,
confina lo sguardo a te,
e già che
ci siamo, andare da una spalla all’altra
significa
visitare un continente.
Te ne
rendi conto? Ho viaggiato
non solo
per questo parallelo: l’oceano
per
quanto ampio si prende con le mani
e lascia gocce
come coriandoli bombati.
Un cargo
umano entra nella darsena,
dai ponti
nessuno saluta la costa,
nessuno
sventolerebbe fazzoletti di carta,
mentre da
riva tutto si alza avvicinandolo.
Poi vieni
serena e il desiderio era la spina,
potevo poggiarmi
odorarti toccarlo sentirti
tacevi
seduta tra le cose già infilate
nella tua
assenza, una collana con oggetti finiti
nei posti
occupati da sempre.
È il
vuoto e la luce che danno coraggio
alla casa
di pensarsi ogni dove. Le pareti
si
abbattono senza andare giù, la polvere
non si
alza, dorme piena di sole e un sentiero
entra nel
vivo delle curve come un ago
nel
tessuto strappato dalle spine.
Avevi una
bicicletta rosa,
tanto
rosa che le spine erano raggi e le ruote
due lune eclissate
nell’asfalto. Al semaforo partivi
prima del
verde, sorprendendo il rosso dei passanti:
non c’è
colore che non ti chiami furore
ma per
quanto ti avventi il futuro
è già presente
altrove.
Un
idrovolante a pelo d’acqua si prepara all'incendio,
il
gabbiano piega di lato il capo e non capisce
la
rigidità del metallo che imita la sua planata.
Il rumore
assordante ci fa atterrare in questa stanza.
Piegati dallo stesso lato
dell’orizzonte.
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