Timon panico
Se sfoggi una buona cera
hai acceso un lume
quando ancora gocciola il moccio
della tempesta. Così calmi
ogni altro pandemonio rissoso.
Io non so farlo che a ritroso.
Mi riferisco al calendario
nella relazione tra voltare pagina e strapparle
all’anagrafe, solo alle volte
crescendo.
Ma dico a chi temeva notti
senza la consueta indisciplina dei sogni
che la tempesta dura meno
dell’acqua e che dalla rete mondiale
arriva notizia degli ombrelli sfibrati
dalle tante stecche che comunque si man tengono
(il buon manico misura il polso
più di una presa di posizione).
Sarebbe stato diverso, pensavo al cospetto
dell’impiegato, mascherina
a mezzo naso perché la pandemia coglie le parole
sprovviste di riflesso, afone, fuori luogo.
Dopo domani sistemeremo oggi
nel sacco del tempo. Tu sai quanto
gli anni diventino quadri
con le lancette a mo’ di picche
e sgherri i cuori senz’altro fiore
che un mazzo enorme in orbita.
Chi ha dato queste carte
conta anche per me.
Immagine dal web (elab. grafica: ferdigiordano2020)
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